Correva l’anno 1968 quando Pinuccio Sciola, scultore sardo noto per le sue “sculture sonore”, rientrò nel suo paese di origine, San Sperate, dopo una serie di viaggi in Spagna, Francia e Austria. Cosmopolita per vocazione, nell’anno delle rivoluzioni Sciola decise di tornare a casa, portando con sé la ventata di cambiamento socioculturale che aveva assimilato in giro per il mondo e decidendo di condividerla con la sua comunità. E così, in concomitanza con la festa religiosa del Corpus Domini, Sciola e i suoi amici iniziarono a ricoprire i muri fatti di fango delle vecchie case di San Sperate con strati di calce: una vera e propria performance che sorprese gli abitanti del paese che, così, si trasformava in una grande tela bianca da re-immaginare, reinventare, dipingere. Nacquero così i primi murales, molti dei quali riprendevano soggetti di carattere antropologico e politico. Un’operazione artistica che presto catturò l’attenzione della stampa italiana ed estera che ribattezzò San Sperate “Paese Museo”. Quest’anno il Comune sardo festeggia il 50esimo anniversario dall’inizio di quella rivoluzione culturale che ancora oggi è in corso, con una serie di festival, convegni e laboratori, oltre alla realizzazione di nuovi murales che vanno ad aggiungersi ai 500 che già colorano le bianche case del paese.